Successo per la produzione di Sir Richard Eyre che ambienta l'opera negli anni Quaranta nella Francia occupata dai nazisti. Straordinaria protagonista Kristine Opolais.
New York, Metropolitan Opera, “Manon Lescaut” di Giacomo Puccini
MANON NELLA FRANCIA OCCUPATA DAI NAZISTI
Manon Lescaut è una storia di amore e morte legata al desiderio di possedere e di ricchezza. La produzione di Sir Richard Eyre la ambienta nei primi anni Quaranta del Novecento nella Francia occupata dai nazisti e la bella e imponente scena di Rob Howell si struttura in un ampio contesto liberty e razionalista di interni ed esterni. Un emiciclo, quasi boiserie di marmo, circonda il palco fin dall'inizio e costituisce il leit motiv dell'allestimento. Nella prima parte una larga scalinata crea una fuga sulla sinistra, dove arriva un treno, mentre a destra l'hotel con la terrazza consente un doppio piano di azione. Nella casa di Geronte domina una colonna in stile antica Roma ma coi rilievi del Kamasutra e una piccola scala sale verso il centro del fondo scena. Nel terzo atto una prua di nave si insinua nel palco dal fondo lasciando lo spazio in basso per le celle e un corridoio in proscenio. Al realismo dei primi tre atti, curatissimo, si contrappone il quarto, ambientato negli stessi luoghi ma ridotti ormai in macerie, quasi il finale fosse solo nella mente dei protagonisti (da rilevare comunque che, fin dal primo atto, ci sono accenni di rovina negli edifici, come se fossero stati bombardati e poi rattoppati). I costumi di Fotini Dimou confermano la datazione e le luci di Peter Mumford accentuano la drammaticità della messa in scena. La regia, ripresa da Paula Williams, impronta lo spettacolo innervandolo di grande tensione, come un film dalle tinte noir, e, al realismo dei primi tre atti, segue una dimensione surreale per il finale che sembra rovesciare i precedenti nella concezione. Le numerose controscene sono sempre credibili e non distraggono dall'azione principale, anzi esaltano la ricostruzione storica della Francia occupata dai nazisti e assediata dai militari.
Marco Armiliato, impegnato ogni sera con una diversa conduzione, esaspera i contrasti della partitura per avvicinarla all'epoca dell'allestimento e il risultato è assai interessante. L'orchestra esprime sia la ruvidezza di certe pagine più scabre sia la morbidezza dei momenti intimi, per giungere a un finale di profondo estraniamento.
Kristine Opolais è una Manon di grande fascino, protagonista ideale per doti sceniche e temperamento vocale, credibile in ogni istante: adolescente dalla falsa innocenza, cortigiana cinica e attaccata ai gioielli, donna fatale, ribelle indomita, perdente disillusa e, forse per un istante, donna innamorata; mentre balla sul palco, il pubblico segue rapito la scena, incantato dall'allure da diva. Marcelo Alvarez affronta il ruolo di Des Grieux con voce potente e un impeto verista che in parte appiattisce le dinamiche intime del ruolo, soprattutto negli attacchi, seppure gli accenti sono giusti in ogni momento. Christopher Maltman è un Lescaut di grande fascino e dalla giusta vocalità che dà risalto a un ruolo che potrebbe essere solo di contorno ma che il baritono pone in rilievo vocalmente e attorialmente. Il resto del cast resta nella buona routine: Zach Borichevsky (Edmondo), Philip Cokorinos (Hotel manager), Brindley Sherratt (Geronte) e Avery Amereau (Musico). Da segnalare la ottima prova, vocale e attoriale, del coro preparato da Donald Palumbo.
Apprezzamenti da parte del pubblico che gremiva il teatro sia per l'allestimento che per il cast e il direttore.